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Van Gogh e la sua passione per i libri


“Il ritratto del dottor Gachet” di Vincent van Gogh, 1890.

Olio su tela, 68×57 cm.

Collezione privata.


Non tutti sanno che Van Gogh è stato, oltre che un celebre pittore e un genio dalla straordinaria bravura, un appassionato di letteratura e nel suo piccolo, anche uno scrittore. Passò gran parte della sua vita a scrivere, in particolare lettere per suo fratello minore Theo, racchiuse nel libro “Lettere a Theo” raccolte dalla moglie di Theo, dopo la sua morte, pubblicato nel 1914. Theo fu il primo a riconoscere il talento artistico di Vincent, come si evidenzia dalle numerose lettere ed era l’unico in grado di contraddirlo e di provare a dargli consigli sulla pittura essendo un mercante d'arte a Parigi, che conosceva bene i gusti e l'arte dell'epoca impressionista.

La scrittura, per il pittore, era un modo di evadere dalla realtà, dove poteva rifugiarsi e costruirne una sua. I libri hanno una grande importanza anche nella sua produzione artistica: infatti questi compaiono spesso sia nelle nature morte sia accanto ad alcuni dei protagonisti dei ritratti del pittore.

Nell’opera “Il ritratto del dottor Gachet”, realizzata da van Gogh nel 1890, di cui scrive nelle lettere indirizzate a Theo, troviamo dei riferimenti alla letteratura francese. In basso a sinistra, due libri: il primo libro è Manette Salomon, dedicato alle aspirazioni e delusioni degli artisti, mentre il secondo è Germinie Lacerteux, ambientato in una Parigi ambigua, sfarzosa ma anche povera. Sono libri forse tratti dagli scaffali del soggetto ritratto o forse scelti dalla libreria dell'autore, entrambi dei fratelli De Goncourt, molto amati dall’artista. Ma la scelta di questi libri, contemporaneamente all’espressione triste del dottore e alla presenza, in primo piano, della digitale, una pianta di uso medico ma anche velenosa, hanno una caratteristica in comune, segnalata peraltro da Van Gogh stesso: la malinconia.

Il dottor Gachet è seduto ad un tavolo. Il suo busto è rivolto a sinistra con il volto indirizzato nella direzione opposta. La guancia poggia sul pugno chiuso della mano, sembra stanco, abbandonato a sé stesso, con uno sguardo assente e disinteressato, che altro non è che “l'espressione disillusa del nostro tempo”, come scrive Van Gogh in una lettera indirizzata al collega Paul Gauguin. Il dottore indossa un berretto chiaro che si confonde con i suoi capelli biondi, chiari come la sua carnagione. Indossa un frac blu, animato da pennellate marcate e dense, su uno sfondo blu cobalto, poco distinguibile, che sembra raffigurare un paesaggio collinare separato da una linea ondulata.

Il dipinto, dopo la morte dell'artista, fu venduto e rivenduto, fino al 1998, quando il finanziere austriaco Wolfgang Flöttl dichiarò che, per problemi finanziari era stato costretto a vendere il quadro, ma non mai rivelò gli acquirenti. Così se ne persero completamente le tracce.

Fortunatamente, Van Gogh realizzò una copia dell’opera, con alcune modifiche, che possiamo ammirare al Museo d'Orsay di Parigi, a cui fu donato dai figli del dottor Gachet.


Francesca Musa


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