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Tre misteri fuori dalla caverna

Millenni di studi, di progresso, non sono bastati a placare la sete di sapere dell’uomo, da sempre bloccato tra la conoscenza e il mistero, fra la luce e le tenebre. Ci siamo interrogati sui nostri stessi limiti, abbiamo dato risposte a domande che ci sembravano impossibili, ma tante ancora restano irrisolte. Forse anche questa non- conoscenza fa parte di noi, della nostra humana natura. Forse siamo destinati a restare per sempre nella caverna di platonica memoria. Allora abbiamo creato misteri, noi così determinati nel risolverli, abbiamo creato simboli e li abbiamo nascosti nella musica, nella letteratura, nell’arte. Siamo diventati investigatori del mistero che abbiamo generato. Per questo l’arte e il mistero sono così intrecciati, soprattutto nel Primo Rinascimento, un periodo in cui si comunicava tramite simboli, allegorie e citazioni.

Giorgione era un maestro del mistero: i suoi quadri sono enigmatici come pochi altri e ancora oggi non si riesce a dare una spiegazione univoca a ciò che lui ci trasmette attraverso le pennellate. Un perfetto esempio è l’opera “I tre filosofi” (titolo peraltro non scelto dall’autore) databile al biennio 1506-1508, attualmente collocato nel Kunsthistorisches Museum di Vienna. Fu commissionato da Taddeo Contarini, grande appassionato dell’occulto e dell’alchimia. La composizione del dipinto è relativamente semplice: a destra ci sono tre personaggi, due in piedi e uno seduto; a sinistra c’è l’entrata di una caverna. Al centro, tra la roccia e la vegetazione, si apre un lontano paesaggio con un villaggio immerso nel verde, con il sole che sorge nella foschia. Da un punto di vista tecnico l’opera è stata dipinta senza disegno preparatorio, anticipando di molto la tecnica impressionista. Se, però, la composizione è chiara, non si può dire altrettanto del significato: non sappiamo neanche se gli uomini raffigurati siano effettivamente tre filosofi. Ci sono numerosissime teorie che vedono scienza, esoterismo, religione e leggenda intrecciarsi.


I tre personaggi sono di etnia, religione ed età diverse. Il primo, all’estrema destra, è un anziano ebreo dalla barba lunga con un foglio riempito di calcoli astronomici. Si possono leggere quattro numeri a indicare, probabilmente, l’anno 1504. Al di sotto, la parola CELUS, vicino a un diagramma geometrico. Al centro della tabella c’è una sfera ombreggiata con il simbolo di Giove. Più a destra, una falce di luna crescente è seguita dalla lettera C. Secondo Augusto Gentili si tratta della grande congiunzione di Saturno, Giove e Marte in Cancro, avvenuta proprio nel 1503-1504. Questa stessa congiunzione astrale è stata rappresentata anche nel fregio di Castelfranco, sempre a opera di Giorgione.


L’accostamento ripetuto dei pianeti maggiori in un unico segno dello zodiaco, ogni volta all’interno della stessa triplicità, era ritenuto sintomo di squilibrio cosmico e sciagure, soprattutto accompagnato a un’eclissi, come quella lunare del febbraio 1504.


In basso al foglio c’è un sole con i numeri da 1 a 7, un probabile riferimento all’Oroscopo delle Religioni, la teoria di un percorso ciclico attraverso sette età. Attraverso una radiografia, si è scoperto che sulla testa dell’anziano c’era uno stemma sacerdotale che lo identificherebbe come Mosè.










Il secondo è un uomo arabo di mezza età, con barba corta abiti orientali e un turbante. Ha il pollice della mano destra infilato nella cintura, con la mano sul ventre. La postura indica la natura lasciva che si attribuiva agli arabi. La sua espressione, la sua vicinanza all’uomo ebreo lo identificano con Maometto. Il terzo, giovane dai capelli ricci, è distaccato rispetto agli altri e ha un foglio, un compasso e una squadra per il calcolo geometrico. Sarebbe istintivo identificarlo con Gesù, dopo Mosè e Maometto, ma non rispetterebbe l’iconografia tradizionale. Secondo Gentili, infatti, è l’esatto contrario: l’Anticristo. Gli astrologi erano convinti che proprio nel 1504, anno dell’esaltazione di Giove nella casa della Luna, sarebbe arrivato. L’immagine più diffusa dell’Anticristo non è quella dai tratti volgari: al contrario è quella di un ragazzo arrogante e compiacente, spesso con i capelli ricci e il copricapo, proprio come viene fuori dalla radiografia di questo quadro.


Klauner in uno studio sui “Tre filosofi” ritiene che nel dipinto, dove c’è la grotta, sarebbe dovuta apparire la Madonna col Bambino. Pertanto, i tre uomini sarebbero i Re Magi del Vangelo, raffigurati come uomini di pensiero, anziché nel tradizionale atto di devozione verso Gesù. In più, secondo una leggenda medievale la grotta sarebbe quella dove Adamo ed Eva, cacciati dal Paradiso terrestre, avrebbero deposto i loro tesori, e lo stesso luogo in cui avvenne la rivelazione dell'incarnazione di Cristo, “nuovo Adamo”.

Ci sono anche altre teorie, meno coraggiose, che li identificano come allegorie della scienza o come la raffigurazione delle età dell’uomo. Noi però ci siamo voluti addentrare nella caverna, coscienti del dubbio e consapevoli che il migliore dei misteri non ha mai una risposta sola.



Fonti: “Giorgione”, Art Dossier scritto da Augusto Gentili, Giunti Editore

«Giorgione e i giorgioneschi», Pietro Zampetti


Ludovica Castellano







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