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L'Allegoria della Prudenza

Aggiornamento: 26 mag 2020


“Sendo, dunque, uno principe necessitato sapere bene usare la bestia, debbe di quella pigliare la golpe e il lione; perche' il lione non si difende da' lacci, la golpe non si difende da' lupi. Bisogna, adunque, essere golpe a conoscere e' lacci, e lione a sbigottire e' lupi. Coloro che stanno semplicemente in sul lione, non se ne intendano. Non può, pertanto, uno signore prudente, ne' debbe, osservare la fede, quando tale osservanza li torni contro e che sono spente le cagioni che la feciono promettere.”

(Niccolò Machiavelli, Il Principe, cap. XVIII)

Mancando gli uomini, quando gli invecchiano, di forze, e crescendo di prudenza; e necessario che quelle cose che in gioventù parevano loro sopportabili e buone, rieschino poi, invecchiando, insopportabili e cattive; e dove quegli ne doverebbono accusare il giudizio loro, ne accusano i tempi. Sendo, oltra di questo, gli appetiti umani insaziabili, perche', avendo, dalla natura, di potere e volere desiderare ogni cosa, e, della fortuna, di potere conseguitarne poche…”

(Niccolò Machiavelli, Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio)


Il dipinto è stato sempre considerato un’opera particolarmente significativa del Tiziano della maturità nel periodo compreso tra il 1560 e il 1565, poco prima della sua morte.

Le particolarità che lo caratterizzano sono da un lato l’apparente “non finito” dell’esecuzione, che riguarda alcuni dettagli della composizione, dall’altro la complessità concettuale del soggetto: l’Allegoria del tempo governato dalla Prudenza.

Esso rappresenta, da sinistra verso destra, tre teste di animali (di lupo, di leone e di cane), sormontate da tre teste maschili (di vecchio, di uomo maturo e di giovane); nella parte superiore compare un’iscrizione in latino (EX PRAETERITO/ PRUDENTER AGIT NI FUTURU[M]/ ACTIONE[M] DETURPET), anch’essa ripartita in tre versi,il cui significato, una volta tradotta, è il seguente: “Sulla base del passato / il presente agisce prudentemente / perché il futuro non rovini l’azione”.


In passato, il significato del termine prudenza non era esattamente quello di “cautela”, facendo piuttosto riferimento a quello di saggezza.

Chi è, quindi, il saggio, il prudente?

Stando a ciò che l’opera offre, è colui che trae insegnamento dall’esperienza del passato per agire accortamente nel presente e porre solide basi per il futuro.


Qual è l’identità delle tre figure?


Lo storico dell’arte Erwin Panofsky riconobbe nei tre volti umani tre ritratti: quello dello stesso Tiziano nel vecchio dal profilo aguzzo rivolto a sinistra, cioè al passato ( soffermandosi sul volto, esso sembra quasi assorbito dalla penombra di un tempo ormai lontano); al centro e in posizione frontale, col viso avvolto dall’ombra nella parte sinistra e progressivamente sempre più luminoso a destra (che sia una metafora del carattere provvisorio e mutevole del presente?), suo figlio, Orazio, nei panni di un uomo maturo scuro di carnagione, di barba e capelli; infine, rivolto a destra, il nipote Marco, raffigurato come un giovane dai capelli rossicci e dalla carnagione chiara, in piena luce, la stessa del futuro a cui guarda.


Per quanto riguarda le figure dei tre animali, Panofsky collegava nel suo saggio il lupo e la vecchiaia all’invidia che proviene dal passato in quanto tale, il leone e la maturità alla vitalità del presente ed infine il cane e la giovinezza all’incertezza del futuro.

Ciò però non basta: Tiziano sembra essersi ispirato all’Idea del Theatro di Giulio Camillo (1480-1544), letterato e filosofo, cultore di retorica e mnemotecnica, di cabala e alchimia…

Un intellettuale, insomma, a tutto tondo e molto conosciuto al tempo, che, nel suo testo, sosteneva che i tre animali risiedessero “nell’antro di Saturno” e che rappresentassero i “tre tempi saturnini”, ovvero i tempi dell’intelletto, della concentrazione e della creatività.


Tuttavia qui bisogna fare molta attenzione: non si tratta di un tempo generico, ma di quello dell’artista, un qualcosa di speciale, da gestire con l’intervento di memoria, intelligenza e previsione, che unite costituiscono la prudenza, come afferma Dante nel Convivio (IV, 27)

«Conviensi adunque essere prudente, cioè savio: e a ciò essere si richiede buona memoria delle vedute cose, e buona conoscenza delle presenti, e buona provvedenza delle future».


Cosa voleva rappresentare Tiziano con questa opera?

Appare chiaro come il suo obiettivo sia lasciare un’eredità del suo “mestiere”, proprio come i genitori fanno con i figli, l’eredità della pittura nel suo caso (il vecchio Tiziano scivola in una posizione laterale, lasciando agli altri il posto più luminoso, terminato il suo momento, è proprio qui che emerge la versione tizianesca della tecnica del “non finito”, in un climax ascendente che partito da un passato cupo ed indistinto, attraversa il luminoso presente e giunge all’ancor più accecante futuro).

Pertanto è possibile comprendere questo: se la saggia prudenza,con la quale egli aveva provveduto al suo futuro, è ciò che governa il tempo, il triplice ritratto la sconfigge, perché allunga a tutte e tre le zone del tempo e ai suoi protagonisti la fama e la garanzia di rappresentare l’emblema del nome di famiglia.

L’opera diviene custode simbolico del suo bene più prezioso, l’arte, patrimonio familiare da preservare e trasferire ai successori.


Tiziano, in questo dipinto, è l'Eremita, la IX carta degli Arcani Maggiori dei Tarocchi.

Un vecchio saggio, con una lunga barba bianca in un ambiente buio.

In analogia all'archetipo del vecchio saggio, è colui che possiede la conoscenza del passato ed il compito di tramandarla.

L'ambiente buio indica che l'Eremita è colui che si è distaccato dalla realtà presente (Tiziano lascia spazio a suo figlio e a suo nipote), mentre l’arte, la conoscenza da lui acquisita fa il suo corso attraverso loro.

In tale "processo” viene accompagnato dalla "fiamma-fuoco" della “lanterna”, tenuta nella mano "destra" , parte governata dall’emisfero sinistro, come a sinistra è posizionato lui rispetto allo spettatore, insieme al passato che rappresenta.

Spesso l’Eremita è rappresentato mentre protegge la fiamma con un lembo del suo mantello, come a dire che quel sapere va coltivato e protetto.

Egli è avvolto dal mantello al fine di non "disperdere" senza motivo la luce, quella della sua arte, che egli già ha in sé.

L’Eremita-Tiziano procede lentamente, passo dopo passo, opera dopo opera nel costruire la sua arte e la sua fama, e, altrettanto lentamente, lascia che l’olio che alimenta la sua lanterna macchi il terreno su cui procede, che lasci traccia del suo passaggio, consapevole di dover trasmettere il suo sapere, di dover inevitabilmente passare la sua “lanterna” a chi verrà dopo di lui.

~Roberta~

Bibliografia: Erwin Panofsky, "L'Allegoria della Prudenza di Tiziano: postscritto", saggio contenuto in Il significato delle arti visive, Torino, Einaudi, 1962

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