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The Elephant Man ed il Surrealismo


The Elephant Man è un film di David Lynch, anno 1980. La storia si incentra su Merrik, un uomo deforme con la sindrome di Proteo, una rara malattia genetica che provoca diffuse malformazioni. Merrik viene utilizzato come fenomeno da baraccone da Bytes, un uomo malvagio che gestisce gli spettacoli in cui si esibisce. Merrik si sente costretto a coprirsi il volto con un sacco: ha paura del giudizio della gente, teme di essere deriso e che la sua diversità possa essere motivo di disagio per le persone che gli sono attorno, costringendosi a vivere in una dimensione assurda e surreale. Ed è proprio dal surrealismo che nasce the elephant man. Questo film è un esempio lampante dello stile lynchano, uno stile che fonda le proprie radici nell’arte surrealista, dominata da ambienti e figure strane, bizzarre e controverse.



Surrealismo artistico e cinematografico sono due facce della stessa medaglia, avendo come

obbiettivo principe rivelare l’inconscio e l’onirico, fino a toccare le corde più segrete e inconfessate dell’animo umano. Lynch prende spunto da Francis Bacon per la realizzazione dei suoi personaggi: figure crude, violente e di forte impatto. Bacon è uno degli artisti più discussi della sua epoca, le sue opere hanno uno stretto contatto con gli eventi che hanno condizionato la sua vita: alcolismo, gioco d’azzardo, affetto da asma e rifiutato giovanissimo dal padre perché omosessuale. I suoi lavori sono talmente macabri che i critici del tempo non sapevano come definirli. Entrambi mettono in evidenza i sogni, le aspettative, le follie e le libertà dei propri personaggi.



Quello che i due artisti fanno, è andare contro il pensiero comune, mettere in risalto i buchi che ci sono all’interno della società senza nasconderli, ma rendendoli un punto di forza da cui partire: una completa trasformazione della vita nell’assoluta libertà.

The Elephant Man è il perfetto esempio di surrealismo: Lynch, con questo film, fa vedere che la gente non accetta quello che esce al di fuori di un confine. L’invito che il regista ci sta facendo è quello di essere più fluidi sotto ogni punto di vista ed accettare anche quello che non riusciamo a definire; ci invita ad attaccarci ad una grande uguaglianza e non ad una piccola differenza. Ci invita, quindi, ad essere un po’ surrealisti.


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