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TARANTINO E CARAVAGGIO

“Kill Bill” (vol. 1) di Quentin Tarantino si può definire una delle pietre miliari del cinema contemporaneo, un film che ha stravolto le caratteristiche tipiche del genere thriller. Proprio con “Kill Bill”, Tarantino comincia ad esser conosciuto come “regista dj”, poiché fu talmente abile a mescolare in un solo genere cinematografico caratteristiche tipiche appartenenti a diversi ambiti del cinema. Tarantino si ispira al regista giapponese Fukasaku, soprattutto per il dinamismo e la violenza che andranno a caratterizzare la sua pellicola. Riesce così a fondere la cultura nipponica con quella occidentale sotto tutti gli aspetti, creando un capolavoro dominato da contrasti e differenze culturali che si fondono alla perfezione.

Nel film, uno dei personaggi più riusciti è quello di O-Ren Ishii, unica donna legata alla mafia giapponese, la Yakuza. Per la sua creazione, Tarantino si è ispirato ancora una volta alla cinematografia orientale, in particolare alla protagonista del film “Lady Snowblood”, conservando le sue origini spietate e vendicative.



La figura di O-Ren è molto controversa ed incisiva all’interno della pellicola, soprattutto in una scena “pulp” dello stesso film: la boss della Yakuza viene profondamente offesa dal boss Tanaka per via delle sue origini metà cinesi, metà giapponesi; il boss si rifiuta per questo di eleggerla come leader dell’organizzazione criminale. O-Ren, con estrema freddezza e velocità, decide di decapitare il boss Tanaka con una katana, suscitando il terrore di tutti gli altri membri presenti.

La scena in questione rimanda inevitabilmente ad una delle opere d’arte più celebri e significative di Caravaggio: nel quadro “Giuditta e Oloferne” possiamo trovare la stessa forza interpretativa che c’è nella scena del film di Tarantino.



Le due donne, se pur con moventi diversi, giungono alla stessa soluzione, trasmettendo tra l’altro la stessa carica emotiva allo spettatore. Appaiono distaccate e disinteressate rispetto a ciò che stanno facendo, provando un lieve senso di disgusto rispetto ciò che ognuna ha commesso. Tarantino riesce a trasportare le caratteristiche del dipinto barocco in un’interpretazione attualizzata del mondo orientale sotto tutti i punti di vista: l’ambiente, l’abbigliamento, i personaggi, la musica e gli strumenti.

In entrambi i casi la decapitazione ha come fine principale la libertà: da una parte O-Ren uccide il suo rivale come memento per chiunque avesse voluto contrastarla, liberandosi quindi dalle vecchie tradizioni patriarcali e culturali che caratterizzavano il clan della Yakuza, salendo al potere nonostante le sue origini non totalmente nipponiche. Conquista così il trono della mafia giapponese. Dall’altra parte troviamo la rappresentazione dell’episodio biblico nel quale Caravaggio ha immortalato Giuditta che, attraverso la decapitazione del condottiero degli Assiri, libera la città di Betulia dalla loro dominazione.



Per la realizzazione tecnica, in entrambe le ambientazioni prevale uno sfondo scuro con scarsa illuminazione, se non sui singoli personaggi con contrasti e giochi di luci ed ombre sui loro volti, dando maggiore risalto alle loro espressioni. Al momento della decapitazione è evidente la somiglianza tra le vittime: sia nel film che nel dipinto viene esaltato il pathos emotivo dei personaggi inermi sopraggiunti dalla morte, immortalati con lo sguardo perso nel vuoto e la bocca aperta.

La separazione del capo dal resto del corpo, il sangue che sgorga ovunque fuori dalle arterie, l’espressione distaccata delle protagoniste, la loro decisione, la loro forza e l’aggressività: sono immagini che spesso non vengono attribuite alla figura femminile.



Il regista non ha mai dichiarato di esser stato influenzato dal dipinto di Caravaggio per la creazione della scena in questione; è affascinante vedere come abbia “inconsciamente” riprodotto in un thriller uno dei quadri più importanti e famosi dell’arte cristiana.

Caravaggio e Tarantino appartengono a due periodi storici totalmente diversi, sono separati da ben quattrocento anni di differenza, ma sia uno che l’altro prendono spunto per la creazione dei loro personaggi da luoghi e riferimenti inusuali: dagli episodi biblici, alla quotidianità dei bassifondi; sono scenari opposti che per entrambi rappresentano violenza e crudezza. Figure come quelle di questi due artisti sono fondamentali per scoprire e rinvenire possibilità che contribuiscono all’accelerazione della società sotto il profilo culturale.




di Fabrizio Pompilio

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