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L'INFERNO

Per me si va ne la città dolente, per me si va ne l'etterno dolore, per me si va tra la perduta gente. Giustizia mosse il mio alto fattore; fecemi la divina podestate, la somma sapïenza e ’l primo amore. Dinanzi a me non fuor cose create se non etterne, e io etterna duro. Lasciate ogne speranza, voi ch’intrate’. Queste parole di colore oscuro

vid’ïo scritte al sommo d’una porta; per ch’io: "Maestro, il senso lor m’è duro". Ed elli a me, come persona accorta: "Qui si convien lasciare ogne sospetto; ogne viltà convien che qui sia morta. Noi siam venuti al loco ov’i’ t’ ho detto che tu vedrai le genti dolorose c’ hanno perduto il ben de l’intelletto"

Inferno, Dante, III canto, vv.1-18


Ad una spiccata delicatezza stilistica, dovuta alla particolarità del momento della narrazione, si contrappone un’apertura improvvisa, ex abrupto, del terzo canto dell’Inferno dantesco. La narrazione drammatica, tetra e angosciosa ci porta alla scoperta della città dolente, regno dell’eterno dolore, delle anime dannate. Dante giunge dinanzi alla porta del regno degli Inferi e legge al di sopra di essa una frase “Lasciate ogne speranza, voi ch’intrate”, è così che impaurito rivela le sue sensazioni di paura e angoscia al suo Maestro, Virgilio, il quale gli consiglia di lasciar da parte qualsiasi sentimento di esitazione, timore poiché durante il loro viaggio troveranno davanti a loro anime che hanno perduto per sempre il bene supremo. Durante il lungo viaggio nel regno dell’Ade, ricorrono spesso in dante sentimenti di spavento, esitazione, sospetto ma anche orrore e disprezzo nel guardare le anime perse che abitano quel luogo. Non è casuale, infatti, che lo scultore francese Auguste Rodin, abbia accostato il padre della lingua italiana alla figura di un pensatore.

Nel 1871, durante la guerra civile a Parigi un edificio del governo francese venne distrutto e fu proprio lì che cominciò a prender vita la stazione d’Orsay, quello che anni dopo sarebbe diventato uno dei più importanti musei. In quell’occasione fu commissionata a Rodin la costruzione di una porta monumentale, e questo decise di rappresentare La Porta dell’Inferno, una scultura composta di 11 bassorilievi rappresentanti scene della Divina Commedia dantesca.


Le figure costruite in cima alla porta sono definite Ombre e ritraggono per tre volte lo stesso soggetto, nella parte sottostante invece è presente il bassorilievo più importante di tutta l’opera monumentale: il Pensatore.In seguito al mancato utilizzo della porta monumentale, i francesi decisero di dar vita propria alla scultura del pensatore. L’uomo ha il viso poggiato sulle nocche della mano destra e il braccio sinistro sostenuto dal ginocchio. È seduto su un basamento di pietra, come fosse un monumento: è per questa motivazione che ci sembra una figura classica ed eroica. La sua posizione non lascia scorgere le emozioni nel suo volto, lasciando così l’osservatore in dubbio riguardo le sensazioni provate dal soggetto. Nonostante ciò, facilmente si coglie l’intensità espressiva e la forte introspezione psicologica del personaggio. La scultura anatomica dell’uomo nudo permette di scorgere la muscolatura scolpita dell’uomo: polpacci tesi, torace leggermente torso dal gomito sinistro: la tensione che il fisico fa emergere rappresenta la grande vitalità dell’atto intellettuale del pensatore.



L’anatomia corporea e la scelta del nudo sono un omaggio alle opere di Michelangelo. Gran parte delle figure rappresentate all’interno della scultura fanno riferimento all’opera michelangiolesca, e soprattutto, prendono spunto dal Giudizio Universale.



La parte superiore di esso vede la presenza di due lunette nelle quali ci sono due gruppi di angeli. Nella lunetta sinistra sono presenti degli angeli apteri (senza ali e dalla bellezza eterea) i quali trasportano la croce. Questi sono ritratti come impegnati in un grande movimento, tanto da ricordare la Battaglia di Cascina.


Mentre nella lunetta destra gli angeli stanno trasportando la colonna dove Gesù venne frustato, osservando con più attenzione si nota anche la scala utilizzata per inchiodarlo alla croce.




Nella parte centrale dell’affresco protagonista è Gesù, il quale, a differenza di com’era solito fare nella tradizione artistica, è rappresentato in movimento, coperto da un velo. Il fatto che questo abbia un braccio sollevato, sta ad indicare il richiamo che sta compiendo verso i Beati, mentre con l’altro arto, rivolto verso il basso, è intento a condannare gli empi.

Questa scena sta a rappresentare il Cristianesimo dopo la nascita di Cristo.Intorno alla sua figura compaiono la Vergine, i profeti, le sibille, gli apostoli e i patriarchi. Una cerchia di circa cinquanta persone, i quali sono disposti in movimento con grande equilibrio e simmetria. E’ proprio qui che troviamo figure come sant’Andrea, san Giovanni e San Pietro.







La seconda fascia è suddivisa in due parti: sinistra (dove ci sono le donne, vergini e personaggi dell’Antico Testamento) e destra (in cui ci sono degli uomini fra cui uno in particolare appoggiato alla croce, probabilmente colui che durante la via Crucis aiutò Cristo.)




Sotto la figura di Cristo ci sono degli angeli senza ali, i quali con molta veemenza, suonano le trombe per l’arrivo dell’Apocalisse. Giunti a questo punto la rappresentazione non prevede più santi bensì uomini destinati all’Inferno.


In un cielo rosso di fiamme, il traghettatore Caronte caccia con il suo remo i dannati e li obbliga a presentarsi davanti a Minosse, avvolto da un serpente. Oltre a questi un ingente quantità di demoni spingono via dalla barca di Caronte i peccatori. Il caos, la violenza e la maniacale precisione per i dettagli del corpo umano accentuano la figura artistica di Michelangelo.


Il traghettatore degli inferi non è dipinto come una creatura immaginaria pagana, bensì seguendo la dettagliata descrizione che ne fece Dante nei vv 81-111 del III canto dell’Inferno:


"Ed ecco verso noi venir per nave

un vecchio, bianco per antico pelo,

gridando: "Guai a voi, anime prave!

Non isperate mai veder lo cielo:

i' vegno per menarvi a l'altra riva

ne le tenebre etterne, in caldo e 'n gelo.”


anche Minosse, demone con le orecchie d’asino, la coda a forma di serpente che che morde i genitali e si arrotola intorno al busto, viene dipinto da Michelangelo seguendo la descrizione fatta da Dante nella divina commedia:


Stavvi Minòs orribilmente, e ringhia:

essamina le colpe ne l’intrata;

giudica e manda secondo ch’avvinghia.”



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