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IL QUARTO STATO- un passato che si ripete.


“Il Quarto Stato”, Giuseppe Pellizza da Volpedo, 1868-1901, olio su tela, Museo del Novecento di Milano

“Il Quarto Stato”, realizzato dal piemontese Giuseppe Pellizza da Volpedo, è un vivido esempio di come un dipinto possa fare da cornice ad un intero secolo -il XX, in particolare- racchiudendo in poche pennellate un tema eterno come quello della rivoluzione. Nato il 28 luglio 1868 e deceduto il 14 giugno 1907, Pellizza aderì subito alla corrente artistica del Divisionismo diventandone, secondo alcuni studiosi, il massimo esponente. In seguito deciderà di prendere parte al movimento Sociale che aveva il compito di denunciare e di "Non rappresentare la verità vera, bensì la verità ideale" come lo stesso Pellizza dichiarerà, parlando della sua opera come "un quadro sociale che mette in luce un avvenimento tanto importante quanto irreversibile, l’avanzare fatale dei lavoratori”.

L’opera ci presenta una folla intenta a marciare verso lo spettatore, con a capo tre figure distinte, due uomini e una donna con in braccio un bambino. Esse sono pochi passi più avanti rispetto alla folla, che viene esortata ad avanzare dalla donna mentre indica loro la direzione da seguire con il braccio sinistro.

Il lavoro che ha portato al dipinto ufficiale è stato però lungo e minuzioso, poiché molte versioni l’hanno preceduto, differendo tra loro nei nomi dell’opera, passando da “Ambasciatori della Fame” del 1895 a “Fiumana” del 1898 richiamando il “fiume di gente” che riempiva la tela.


“Ambasciatori della fame”, Giuseppe Pellizza da Volpedo, 1895, olio su tela


“Fiumana”, Giuseppe Pellizza da Volpedo, 1898, olio su tela


Differiscono anche per colori e volti, specialmente quest’ultimi: infatti, attraverso un’accurata analisi del quadro, nei visi dei tre personaggi a capo della folla sono stati identificati alcuni amici dello stesso Pellizza, tra cui ricordiamo Giovanni Zarri detto Gioanon (al centro), falegname di professione e onesto padre di famiglia, Teresa Bidone (a destra), sposa del pittore e morta poco dopo aver dato alla luce il terzogenito (il bambino ritratto) e Giacomo Tedesi (a sinistra), anch’egli falegname di professione e costretto ad emigrare in America, seguendo le orme dello zio.

La scelta non è stata di certo dettata dal caso, essendo evidente quanto Giuseppe Pellizza tenesse al tema della giustizia sociale e anche alla cura dei dettagli. La sua fu la prima opera nel panorama artistico italiano del tempo a denunciare le precarie condizioni in cui versava la classe proletaria, diventando il manifesto della lotta per i diritti dei lavoratori e, nonostante siano passati centoventi anni, il messaggio è più attuale che mai.

Il primo articolo della Costituzione Italiana parla dell’Italia come “una repubblica democratica fondata sul lavoro” nella quale “la sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”. Il lavoro rappresenta il pilastro su cui poggia l’economia di uno stato, ciò attorno a cui nascono e crescono relazioni interumane, dalla famiglia alla società. Dunque il cittadino ha non solo il diritto di poter lavorare, di produrre merce e di far fronte alle sue necessità, ma anche il dovere etico di contribuire attivamente alla crescita economica del proprio paese, affinché esso possa godere di una prosperità continua. Allora come mai temi come retribuzioni adeguate al costo della vita, sicurezza sul lavoro, lotta allo sfruttamento vengono costantemente trascurate? Come mai sembra che per alcune categorie sociali vi siano soltanto doveri, e per altre soltanto diritti?

Il progresso è un bene, ma deve esserlo per tutti.

"La mente dell'uomo superiore ha familiarità con la giustizia; La mente dell'uomo mediocre ha familiarità con il guadagno."-Confucio 


  • MARIANGELA BIANCO


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