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GUERRA DI COREA

Nell’estate del 1950, prende il via uno dei conflitti più importanti dell’età contemporanea. L’immaginario collettivo occidentale, però, è stato saturato dalla guerra del Vietnam, probabilmente anche grazie alle miriadi di viet-movies hollywoodiani, così diffusi sui grandi schermi della seconda metà del Novecento. Capita spesso che gli avvenimenti storici più rilevanti, se vanno in sordina, passano nel silenzio e nell’indifferenza generale ma riescono a determinare egualmente degli esiti effettivamente clamorosi. Se volendo fare un esperimento chiedessi ad un qualsiasi cittadino italiano di dirmi qualcosa sulla Corea, otterremo due risposte: dittatore e Kpop. Agli occhi degli occidentali la Corea appare come un Paese unitario, controllato da una dittatura, in cui si parla il giapponese ed il cinese a seconda dei giorni, e in cui i cantanti hanno i capelli colorati e fanno dei balletti. Questa concezione oltre ad essere fuorviata è anche fuorviante, perché non tiene conto proprio degli sviluppi storici che hanno caratterizzato la penisola coreana nel corso del Novecento.




Nel 1905, dopo la vittoria sulla Russia, il Giappone occupò i territori coreani e dal 1910 la Corea fu sottoposta ad una durissimo protettorato nipponico che si protrasse fino al settembre del 1945. I giapponesi instaurarono un rigidissimo regime militare che si inasprì ancora di più con le guerre degli anni ’30.




Dopo la capitolazione di Tokyo e la fine della Seconda Guerra Mondiale, a seguito di fallimentari tentativi di cercare una soluzione migliore, la penisola coreana fu suddivisa in due parti all’altezza del 38°parallelo. L’Unione Sovietica occupò la zona settentrionale e gli Stati Uniti si insediarono nel sud del Paese. Il Nord vide l’affermarsi della personalità di Kim Il-Sung, (nonno di Kim Jong-Un) veterano della guerriglia anti-giapponese, mentre nel meridione si venne a delineare un governo filoamericano guidato da Syngman Rhee. Già alla fine del 1949 c’erano state delle forti tensioni lungo il 38° parallelo che avevano portato alla morte di migliaia di persone e Kim Il-Sung aveva dato l’avvio ad un duro addestramento per l’esercito. La situazione precipitò quando, tra il 25 e il 26 giugno del 1950, KIm Il-Sung diede inizio all’invasione del Sud senza una formale dichiarazione di guerra. La difesa di Seul fu talmente debole che la città cadde in soli due giorni, mentre i vertici dell’ONU (senza l’URSS) decidevano sul da farsi.


Già il 27 giugno Truman ordinò lo sbarco delle truppe americane capitanate dal Generale Douglas MacArthur. Nel 1951 si aprì la fase più delicata del conflitto.







La tensione fu subito palpabile: gli americani avanzarono, ripresero Seoul ed oltrepassarono il 38°. La “crociata americana” contro il comunismo stava acquisendo successi continui tanto che riuscirono a raggiungere il confine con la Manciuria Cinese.


Pechino, allora, ammassò le sue truppe a pochi chilometri dagli americani. MacArthur minacciò di impiegare la bomba atomica, la Terza Guerra Mondiale stava per cominciare, il mondo stava per finire. Poi, all’improvviso, la situazione si quietò: Truman silurò MacArthur ed aprì alle trattative con Pyongyang, cui seguirono due anni di stallo quasi totale.


La guerra si risolse in un nulla di fatto: il 27 luglio del 1953 fu firmato un armistizio che sancì l’attuale divisione tra le due Coree.


Il bilancio del conflitto fu disastroso. 5 milioni di morti, più della metà di questi ultimi furono civili. 178.000 furono le perdite americane e degli alleati. 900.000 morti si contarono tra le file delle armate del Nord.


Sarà proprio la morte di migliaia di cittadini innocenti a portare Picasso a realizzare la rappresentazione su tela del “Massacro in Corea”.



Quest’opera tratta del cosìdetto “massacro di Sinchon”, strage di civili consumatasi tra il 17 ottobre e il 7 dicembre del 1950, che porterà alla morte di più di trentamila cittadini (stando alle stime della Corea del Nord).






In quest’opera Picasso raffigura la reazione di donne e bambini di fronte all’imminente morte. La forte drammaticità della scena è determinata fondamentalmente dalle azioni dei bambini che stanno per essere fucilati. Uno corre terrorizzato per raggiungere la madre, un altro, inconsapevole della morte imminente, si china per cogliere un fiore, un altro ancora si stringe alle braccia della madre e l’ultimo, all’estrema sinistra della scena, tenta di trovare riparo dietro le gambe della madre. Il quadro presenta delle caratteristiche cubiste evidenti nei volti delle donne e nei corpi di alcuni soldati. I militari, automi totalmente privi di espressività, impugnano spade (simbolo di potere) e fucili, pronti a far fuoco sulla folla. I soldati non hanno né divise né stemmi, scelta dell’autore che così non vuole schierarsi con uno dei contendenti della guerra ma vuole solamente dichiararne gli orrori.




Questa tela presenta delle manifeste somiglianze con il “3 maggio del 1808” di Francisco Goya che, per primo, aveva svuotato le raffigurazioni della guerra di ogni retorica e l’aveva rappresentata nella sua crudele e terribile realtà.






I due quadri sono simili nella suddivisione dei personaggi in due gruppi, nella minacciosa anonimità dei soldati e nella posizione di uno dei caduti, sostituito da Picasso col bambino chinato per raccogliere i fiori. Tuttavia, rispetto alla tela di Goya, in cui possiamo osservare un patriota con la camicia bianca che solleva le braccia al cielo, in Picasso non rileviamo più alcuni simbolo di vitalità (a parte, forse, la gravidanza di una delle donne) e di tensione vitale.





Ancora oggi, le differenze tra la Repubblica Popolare Democratica di Corea (la Corea del Nord) e la Repubblica di Corea (la Corea del Sud) sono evidenti, e spesso i due Paesi sono giunti a pochi passi dal confronto bellico. Da questo conflitto, la Cina è uscita rafforzata ed un Paese è rimasto spaccato. Questi sono tutti i motivi per cui la guerra di Corea è considerata come una delle fasi più critiche della Guerra Fredda e come tale dovrebbe essere trattata. Questo conflitto è stato il primo di tanti momenti in cui la tensione tra i due blocchi, quello americano e quello sovietico, era talmente elevata da portare il mondo sull’orlo di una Terza Guerra Mondiale.



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