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giulio ii. un ritratto senza filtri del "papa terribile"

1° novembre 1503, il cardinale protodiacono Raffaele Riario pronuncia queste parole: “Papam habemus Reverendissimum Dominum Cardinalem Sancti Petri ad Vincula, qui vocatur Julius Secundus”.


E’ ufficiale, Giuliano della Rovere sale al trono pontificio a seguito del conclave più breve della storia, durato appena dieci ore.

Egli arriva già nel 1492 (alla morte di papa Innocenzo VIII) ad un passo dal soglio pontificio, Rodrigo Borgia lo batte, però, sul tempo, alleandosi segretamente con Ascanio Sforza e garantendosi così l’appoggio della maggioranza del collegio cardinalizio. L’inimicizia con la famiglia Borgia caratterizza tutta la carriera del cardinale della Rovere.

Si decreta così l’inizio del pontificato di Giulio II. La sua è una figura certamente emblematica, tanto affascinante quanto controversa. La sua ambiguità domina inevitabilmente la storia italiana del primissimo Cinquecento.



Sono due le motivazioni che spingono papa della Rovere a scegliere come suo nome Giulio. La prima è l’evidente assonanza con il suo nome di battesimo, Giuliano, la seconda è legata alla volontà da parte del pontefice di rendere la sua figura accostabile a quella di Giulio Cesare. In questa scelta si può cogliere un’anticipazione della linea politica di Giulio II, visibilmente volta all’accentramento del potere, tanto di quello religioso, quanto di quello politico, nelle sue mani.


Non esita, come tutti gli uomini di potere realmente considerabili tali, a scendere a compromessi con i suoi più acerrimi nemici, la sua stessa elezione è il frutto di un accordo segreto con Cesare Borgia. Niccolò Machiavelli ne Il Principe ricorda questo avvenimento sostenendo che “errò, adunque, el duca (Cesare Borgia) in questa elezione; e fu cagione dell’ultima ruina sua”. Infatti, Giulio II, immediatamente dopo la sua elezione, di fatto privò il duca Valentino (rimasto senza protezione alcuna) di tutto il suo potere. E’ questa un’altra peculiarità di papa della Rovere, la sua fredda risoluzione nel rompere i patti ormai per lui sconvenienti.

Il “papa guerriero” partecipa direttamente alle sue battaglie e per tutto il suo pontificato gioca un ruolo decisivo nello scacchiere politico europeo. Egli prima aderisce alla Lega di Cambrai (1508) per ridimensionare le mire espansionistiche di Venezia e promuove poi la Lega Santa (1511) per “cavare” (cacciare), come lo stesso Machiavelli sostiene, i Francesi dall’Italia.


Oltre ad essere impegnato nelle vicende politiche della penisola italica del tempo, Giulio II è anche un autentico patrocinatore delle arti. Con lui si pongono le basi di quel “romanocentrismo” che renderà Roma il vero centro artistico del Rinascimento Maturo. Egli decide di circondarsi di artisti d’eccezione tra i quali si annoverano Donato Bramante, Michelangelo Buonarroti e Raffaello Sanzio.



E’ proprio quest’ultimo che, nel 1511, realizza il Ritratto di Giulio II.


Nel dipinto viene raffigurato il pontefice ormai anziano con una lunga barba (a causa di un voto che aveva cominciato nello stesso 1511).

Giulio II è seduto su una sedia camerale i cui pomelli richiamano lo stemma della famiglia della Rovere.

Egli indossa il tradizionale camauro in velluto rosso, una mantella rossa ed una tunica bianca. Gli anelli che incorniciano le sue dita sono il simbolo del suo ruolo di papa.

Viene raffigurato di tre quarti (come avviene negli altri ritratti di Raffaello) e con un volto visibilmente stanco ed incassato. Lo sfondo verde scuro esalta la volumetria del corpo del pontefice.




Raffaello ci propone un ritratto del “papa terribile” unico nel suo genere, il pontefice viene, infatti, immortalato in un momento di riflessione. Giulio II si mostra, nell’opera di Raffaello, in tutta la sua umanità. Il ritratto ci permette di guardare a papa della Rovere sotto una diversa ottica.

Esso ci consente di delineare i tratti di una personalità caratterizzata da un’estrema spregiudicatezza così come da una fragilità straordinariamente ordinaria.


Aldilà di ogni possibile, inutile e totalmente fuori luogo giudizio morale sull’operato di Giulio II, gli si riconosce una terribilmente inquietante grandezza.


Non si può non nutrire ammirazione per quel “papa terribile” che, come lo stesso Machiavelli sostiene, “fece ogni cosa per accrescere la Chiesa e non alcuno privato”.


Rebecca Fedele

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