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LA PROSPETTIVA, un grande strumento per ogni artista.

Il termine “prospettiva”, derivante dal sostantivo latino perspectiva e dal verbo perspicere, significa «vedere distintamente, attraverso». Generalmente, essa indica l’insieme di proiezioni generate da una visione monoculare proiettate su un piano bidimensionale, che consentono agli artisti di riportare gli oggetti tridimensionali, come se visti nella loro effettiva materialità, quindi nello spazio.

Il punto di vista, o occhio dell’osservatore, viene proiettato sul quadro prospettico con il punto di fuga, verso il quale convenzionalmente convergono tutte le linee, poste su un piano perpendicolare rispetto al quadro. Ad esempio, tutte le linee verticali e orizzontali parallele poste su un piano perpendicolare, tramite la scorciatura, diminuiscono la distanza tra di loro in modo graduale, in quanto si avvicinano al punto di fuga (immagine a). Ciò non accade con linee verticali e orizzontali equidistanti poste su un medesimo piano parallelo al quadro, come la linea d’orizzonte (immagine b). Naturalmente, per far ciò, è necessario conoscere il punto di stazione dell’osservatore, in quanto è questo che determina il cambiamento di aspetto o di dimensioni della visione dell’oggetto.


Mentre lo studio della terza dimensione spaziale in pittura era ben noto, seppur risolto attraverso soluzioni empiriche, all’arte classica, dal periodo tardoantico in poi esso si perde completamente. Solo verso la fine del Duecento, con l’aumentare dell’importanza del realismo, Giotto introduce, in maniera empirica e intuitiva, questa tecnica all’interno delle sue opere, attraverso l’utilizzo di spazi reali e dei volumi dei corpi, i quali, posizionati in maniera intelligente, garantivano profondità all’immagine.


Dal Quattrocento la prospettiva assume una rilevanza maggiore. Filippo Brunelleschi, nel 1413 circa, rinnova la rappresentazione prospettica con regole geometriche e matematiche, che riuscivano ad avvicinare l’immagine disegnata a ciò realmente si vedeva o si immaginava. Non si trattò più di una semplice imitazione della natura, come avveniva precedentemente; adesso, con questo metodo, gli artisti potevano benissimo indagare su di essa. La novità introdotta da Brunelleschi fu ricordata con il nome di “prospettiva lineare”. Al fine di mostrare le sue innovazioni, realizzò due tavolette prospettiche, attualmente perdute.



In quella più conosciuta, vi era rappresentato il Battistero di Firenze in controparte su una tavola in legno, il cui sfondo era realizzato in foglia d’argento lucida, che rendeva il tutto più verosimile. Anteriormente, questa tavola era forata. L’apertura, allargandosi nello spessore del legno, mostrava dal lato posteriore un incavo decisamente più grande: qui l’osservatore poneva il suo occhio, mantenendo la tavola con una mano, mentre nell’altra impugnava, a una certa distanza, uno specchio. La lontananza tra lo specchio e la raffigurazione era modificabile, traslando il primo lungo un asse longitudinale o trasversale, cosicché l’osservatore riuscisse a sovrapporre perfettamente il riflesso con l’oggetto reale, al di là dello specchio, vedendo così il monumento come nella realtà.


Le procedure di Brunelleschi verranno successivamente semplificate e trascritte da Leon Battista Alberti in un suo trattato. Il suo procedimento prospettico viene oggi ricordato come “costruzione abbreviata”.

Uno dei primi utilizzi della prospettiva è riscontrabile, attraverso la tecnica dello stiacciato, nel basamento della statua di San Giorgio (1415-1418) di Donatello, dove l’artista racconta la storia del santo medievale. Donatello riesce a mostrare chiaramente la sua padronanza delle tecniche prospettiche brunelleschiane, che appaiono per la prima volta. Un elemento che mostra distintamente questa abilità, è il porticato classico dell’edificio dietro la principessa.

Sempre con lui, si ritrova un secondo esempio in una formella, realizzata per il battistero di Siena, raffigurante il Banchetto di Erode (1427). In quest’opera lo scultore si concentra, in maniera sapiente, nella prospettiva, nell’organizzazione degli spazi e dei personaggi. Attraverso elementi realizzati con la tecnica dello stiacciato, come le fughe prospettiche del pavimento, gli oggetti sulla tavola, gli archi sullo sfondo, le travi, l’artista conferisce all’opera maggiore profondità.


In pittura, numerosi artisti la ripropongono nelle loro opere: ad esempio, Masaccio nell’affresco funerario della ella Trinità (1427–1428) nella Basilica gotica di Santa Maria Novella a Firenze. Qui, nonostante i chiari riferimenti brunelleschiani che fanno pensare a interventi diretti dell’architetto, sebbene non supportati dalle fonti, Masaccio mostra come la prospettiva possa sfondare la parete, per mezzo di artifici, dopo uno studio sullo spazio. Ciò è osservabile con la rappresentazione della cappella classica con volta a botte cassettonata, che sembra quasi essere scavata all’interno del muro, creando un effetto di profondità spaziale. Sulla soglia di accesso Masaccio colloca la Vergine e San Giovanni, che contribuiscono alla percezione dello spazio dell’immagine. L’illusione che appunto il nostro occhio percepisce avviene attraverso l’effetto ottico del “trompe l’œil”, cioè la creazione di uno sfondamento illusorio (in questo caso una sorta di nicchia) all’interno della superficie della parete.


Altro esempio emblematico, poco distante cronologicamente da questi precedenti, è la Flagellazione (1455–1460) di Piero della Francesca. La scena si divide in due narrazioni: quella a sinistra avviene all’interno di un ambiente perfettamente rappresentato in prospettiva, quella a destra in un esterno. Attraverso la rappresentazione di entrambi, Piero mostra la sua abilità in termini di prospettiva. Gli elementi per mezzo dei quali riusciamo a definire lo spazio sono chiaramente la pavimentazione, sia interna che esterna, e la sua decorazione, gli architravi, le linee di gronda degli edifici. La scena di destra, invece, è unita all’altra attraverso il punto di fuga, il quale coincide con il punto di vista sul quadro prospettico.

Anche qui gli edifici mostrati sono raffigurati secondo le linee guida della prospettiva lineare bruneschelliana, garantendo armonia al piccolo dipinto.

Sempre Piero, nella realizzazione della Sacra Conversazione (1472–1474), mostra la padronanza di questa tecnica, che, evolutasi negli anni, ha raggiunto la perfezione.

Molti altri furono gli utilizzi sapienti della prospettiva in pittura, com’è possibile osservare per esempio nell’opera di San Girolamo nello studio (1474–1475) di Antonello da Messina. Sulla tavola viene rappresentato il santo nel suo studio, intento nella traduzione della Sacra Bibbia. Sulla libreria alla sua destra, vi sono alcuni libri e vasi con piante: sono proprio questi, specialmente i manuali leggermente aperti, che danno profondità alla scena. Elementi garanti dell’applicazione prospettica sono le piccole arcate del cubicolo, i gradini, altri elementi decorativi, come la panca; ma allo stesso tempo anche il pavimento,

artificiosamente ornato, e l’edificio gotico,

nel quale si svolge la scena.

Altro capolavoro emblematico di questa tecnica artistica è il Cristo morto o “in scurto” (1480) di Andrea Mantegna. La scena, rappresentante il Cristo su una lastra di marmo, probabilmente attorniato dalla Vergine, San Giovanni e la Maddalena, viene mostrata attraverso una prospettiva particolare. Questa garantisce il massimo coinvolgimento dell’osservatore. Infatti, sembrerebbe che i piedi del Salvatore fuoriescano dalla tela e che il tutto sia osservato da noi, inginocchiati poco più su dell’altezza degli altri personaggi, condividendo il loro dolore. Il Messia è mostrato di scorcio, che però non segue perfettamente le regole prospettiche: il capo è più grande dei piedi, quando in realtà dovrebbe essere l’opposto.


Infine, uno dei risultati più spettacolari della prospettiva, con magnifici effetti di illusione ottica che riescono a raggiungere e “aiutare” l’architettura, è sicuramente l’abside e il coro della chiesa di Santa Maria presso San Satiro (1482-1486) di Donato Bramante. L’edificio ecclesiastico presenta un corpo longitudinale e un transetto, alla cui intersezione vi è una cupola. L’impossibilità di poter estendere la chiesa per la creazione di un’abside e un coro ha portato l’artista a voler “sfondare” quella parete. Per evitare che l’ampiezza della cupola potesse disturbare la visione dell’osservatore, Bramante decise di realizzare, con disegni e stucchi, quella parte mancante, servendosi dell’illusione prospettica. Sono così, dunque, realizzate le arcate, la vasta volta a botte e tutte le decorazioni.



Martina Cannone


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